mercoledì 5 marzo 2008

Gary Gygax

La prima volta che giocai a Dungeons & Dragons avevo 12 anni.
Mi venne chiesto da quelli che consideravo i tipi più "fichi" della classe se volevo giocare con loro, poichè erano a corto di un giocatore. All'epoca ero un ragazzino timido e complessato (contrariamente ad ora, che sono un adulto timido e complessato). Non avevo nessuna idea di cosa fosse un gioco di ruolo, ma solo il fatto di essere preso in considerazione da queste semi-divinità scolastiche mi entusiasmava. Dissi di si, e loro mi mollarono per tutta risposta un pacchetto di fotocopie.
Erano fotocopie del manuale del giocatore della 4° edizione di D&D; la mitica scatola rossa.
Le divorai in una serata.
E davanti mi si aprì un mondo. Un mondo di bui cuniculi, avidi draghi, valorosi guerrieri e potenti maghi. Un mondo del quale per prenderne parte mi bastava qualche amico, carta e matite, dadi poliedrici da valori inusuali - "esistono dadi oltre a quello a 6 facce!?" Meraviglia! - e molta creatività e fantasia.
Fu l'inizio di uno dei miei hobby preferiti. Un hobby che coltivo ancora.
Sono stato qualunque cosa: un guerriero, un sacerdote del dio del tempo, un ladro-stregone, e cambiando gioco e ambientazione, un cavaliere Jedi, un vampiro contemporaneo, una guardia giurata fallita, il capitano di una nave stellare, ma soprattutto, un creatore e gestore di mondi.
Ho giocato in ogni condizione e con ogni compagnia. In casa con gli amici di sempre, sotto il sole estivo riparato da una veranda, nel casino di una fiera con gente mai vista, di notte sulle mura di Lucca, all'esterno di Viterbo armato di una spada di gomma.
Ho conosciuto decine di persone in giro per il paese e a due passi da casa. Amicizie durate lo spazio di una sessione, un'estate o che durano tutt'ora.
Ho intrapreso interminabili discussioni quasi antropologiche su come trattare coi propri giocatori, capziose al limite dell'assurdo sulla creazione di qualche regola, disquisendo quanto D&D incentivasse o ostacolasse l'interpretazione dei personaggi.
E tutto questo... andrà perduto come lacrime nella pioggia... no, no. Quello è Blade Runner.
Dicevo, tutto questo, per me come per altri, tutto ciò che è legato a quella scatola rossa, a quel gioco rudimentale, imperfetto e geniale, non sarebbe mai stato senza uno dei creatori stessi di quel gioco.

Addio, Gary.
E grazie di tutto.