venerdì 12 ottobre 2007

Every Little Thing They Does Is Magic

Probabilmente ha ragione Paolo, questo concerto non ci sarebbe dovuto essere, non sarebbe dovuto esistere. Ma si sa come funziona nel mondo della musica: fintanto che non si sia intromessa l'oscura mietitrice (che io immagino sempre come quella di Pratchett) - e qualche volta anche quando lo ha fatto - è lecito sperare nel ritorno dei Grandi, gruppi o singoli le cui formidabili gesta sono terminate prima che la nostra coscienza musicale prendesse forma. Quando questo ritorno avviene, però, di solito è il momento in cui problemi invece che finire, cominciano.
Saranno ancora loro? Lo fanno solo per soldi? Avranno rispetto dei fan? Sono solo alcune delle domande che cominciano piano ad affollare la tua mente di fan ritardatario. Domande retoriche, ovvio. Perchè, cascasse il mondo, tu già sei pronto a mettere sul piatto tutti i tuoi ricordi di adolescente con le cuffiette del walkman per vedere dal vivo chi, incastonato su un nastro, ti suscitò le emozioni legate a quegli stessi ricordi. Esercizio autoreferenziale rischiosissimo, benchè gli esempi passati fossero confortanti:
I Pixies, benchè sbiaditi, suonarono decentemente.
I Violent Femmes furono addirittura strepitosi nel riproporsi.
Ma i Police, signori, i Police eran roba grossa. A maggior ragione, non si poteva rinunciare.
Perciò, con altri 5 compagni nelle medesime condizioni, si è partiti di mattina su una Megane noleggiata appositamente alla volta del capoluogo piemontese. Mi piacerebbe dilungarmi sul racconto del viaggio andata e ritorno, con tutto il suo carico di spontaneo e goliardico cazzeggio, ma c'è già chi l'ha fatto meglio di quanto potrei io qua. Perciò mi limito a dare le mie impressioni, che possono essere approssimate con una qualunque serie di aggettivi superlativi positivi.
E' veramente difficile trovare le parole. Il trio sale sul palco e attacca suonare come se non avessero mai smesso. Sting potrebbe cantare senza microfono per quanto la sua voce non abbia perso smalto (sarà il sesso tantrico), Andy Summers, benchè sembri lo zio venuto dall'Australia di sè stesso, non perde un colpo (tranne forse quando tenta saltelli in stile The Who che non vanno più su dei 5 cm) e Stewart Copeland pesta quella batteria con un estro e un vigore incredibili (anche se coi capelli grigi e gli occhiali assomigli in maniera inquietante a Gabriele La Porta).
Saranno due ore piene di pura emozione sonora.
C'è il pezzo per il fan, c'è quello per l'estimatore, quello lento, quello veloce. Tutto suonato pari pari come siamo stati abituati a sentirli negli ultimi 20 anni, eppure con un energia tutta nuova fiammante.

Uno dei concerti più belli a cui io abbia mai partecipato.
E anche l'adolescente con le cuffiette.

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